
Lo sceicco Hamed Al Hamed, membro influente della famiglia reale di Abu Dhabi, è il nuovo proprietario del complesso alberghiero
Un mega-albergo al centro di numerose cronache giudiziarie quello de “
Per riportare agli antichi splendori l’infrastruttura di Acireale, la società in mano allo sceicco di Abu Dhabi prevede di spendere una quarantina di milioni di euro. E circola pure la voce che gli arabi stiano per rilevare il vicino complesso termale, puntando al suo rilancio economico ed occupazionale. Solo una voce, è vero, come una voce è quella che circola da quasi un anno nel mondo calcistico sull’offerta di 500 milioni di euro da parte dell’Abu Dhabi United Group for the Development and Investment (ADGDI) per rilevare il 40% del pacchetto azionario del Milan Calcio. Dietro l’operazione ci sarebbe uno stretto congiunto di Hamed Al Hamed, lo sceicco Mansour Bin Zayed Al Nayhan, proprietario della squadra del Manchester City. Comunque vada, gli Emirati Arabi Uniti rappresentano già la mecca della finanza italiana. Stando ai dati forniti dalla Farnesina, il valore delle esportazioni italiane negli E.A.U. è stato nel 2008 di oltre 5,2 miliardi di euro, a fronte di un import di 455 milioni, permettendo così un attivo della bilancia commerciale di 4,7 miliardi di euro. Ci sono poi le cointeressenze societarie con i maggiori gruppi italiani, famiglia Berlusconi in testa. Dal 10 agosto 2007, l’Abu Dhabi Investment Authority, il principale fondo degli emirati, possiede infatti il 2,04% del capitale di Mediaset, ma secondo gli analisti economici, punterebbe a rastrellare un altro 3% delle azioni della cassaforte delle società del presidente del Consiglio.
Attivissima tra emiri e sceicchi è pure la società leader nazionale del settore costruzioni, l’Impregilo di Sesto San Giovanni, che due mesi fa si è aggiudicata la gara internazionale promossa dall’“Abu Dhabi Sewerage Services Company” per la realizzazione del primo lotto di un tunnel idraulico lungo
L’infrastruttura più prestigiosa realizzata dal gruppo di costruzioni italiano resta comunque la moschea di Abu Dhabi, 500 mila metri quadrati di superficie, la più grande al mondo, dedicata allo sceicco Kalifa bin Zayed Al Nahyan, padre dell’odierno capo di stato dell’emirato. Un personaggio pericolosamente legato alle organizzazioni dell’estremismo religioso islamico, lo sceicco Kalifa bin Zayed. Negli anni ’60 divenne grande amico e socio dell’uomo d’affari pachistano Agha Hassan Abedi, il fondatore della BCCI,
È tuttavia il business delle armi da guerra il vero eldorado dell’Italia-E.A.U. connection. E non potrebbe essere diversamente. Secondo l’ultimo report del Servizio Ricerche della Library del Congresso USA, nel 2008 gli Emirati Arabi si sono classificati al primo posto tra gli acquirenti di armamenti a livello mondiale, spendendo più di 9,7 miliardi di dollari e superando perfino i cugini dell’Arabia Saudita (8,7 miliardi). Il secondo posto tra i mercanti di morte è stato occupato invece dall’Italia che ha trasferito nello stesso anno sistemi di guerra per un importo totale di 3,7 miliardi di dollari, certamente molto meno degli Stati Uniti d’America (37,8 miliardi), ma un po’ più di una superpotenza militare-industriale come
Un altro gioiello di casa Finmeccanica, Alenia Aermacchi, si è accaparrata una commessa di 2 miliardi di dollari per 48 bimotori M-346 “Master” che saranno utilizzati per l’addestramento avanzato dei piloti degli emirati, in vista dell’arrivo dei cacciabombardieri di nuova generazione Eurofighter, Rafale, F-16, F-22 ed F-35 “Joint Strike Fighter”. Nel programma M-346 sono pure coinvolte altre aziende del gruppo Finmeccanica come Selex Galileo, Alenia SIA, Sirio Panel e Selex Communications.
La selezione degli M-346 di Alenia Aermacchi da parte del Governo degli Emirati Arabi Uniti - ha dichiarato Pier Francesco Guarguaglini, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica - si inserisce nell’ambito di un più ampio accordo di collaborazione industriale recentemente siglato da Finmeccanica e Mubadala Development Company che prevede, tra l’altro, la realizzazione di aerostrutture in materiali compositi per il settore civile presso lo stabilimento che verrà costruito entro il 2010 ad Abu Dhabi. Mubadala è la società di investimento e sviluppo commerciale con sede ad Abu Dhabi, interamente controllata dalle autorità dell’emirato. Nota per aver acquistato nel 2005 il 5% del pacchetto azionario della casa automobilistica Ferrari, Mubadala è oggi uno dei maggiori partner internazioni del colosso dell’industria bellica statunitense Lockheed Martin; inoltre controlla il 35% del capitale della Piaggio Aereo Industry, altro storico gruppo italiano produttore di mezzi civili e militari, produttore di parti del motore del nuovo caccia strategico F-35.
Da parte sua, il responsabile operativo della company araba, Waleed Al Mokarrab Al Muhairi, ha spiegato che “la strategia commerciale di Mubadala è finalizzata a far crescere l’industria aerospaziale dell’emirato per farne uno dei principali attori a livello globale e Finmeccanica contribuisce a questo progetto con le proprie capacità tecnologiche altamente innovative”. Una partnership che potrebbe trasformarsi in un vero e proprio matrimonio: i manager di Finmeccanica hanno infatti prospettato la possibilità dell’ingresso degli investitori di Abu Dhabi direttamente nel capitale Finmeccanica attraverso il fondo nazionale “Adia”.
Il Parlamento italiano, con voto unanime di centrodestra e centrosinistra, ha assicurato un idoneo quadro normativo per facilitare e blindare tutti i presenti e futuri accordi di cooperazione militare con gli Emirati Arabi Uniti. Dopo il voto al Senato del 24 giugno 2009, il 28 ottobre
Nell’ordine del giorno approvato da 488 deputati sui 502 presenti al voto (14 astenuti) si legge che l’accordo Italia-E.A.U. è uno strumento fondamentale per rafforzare la cooperazione con un Paese che ha acquisito una crescente importanza per il mantenimento degli equilibri geo-strategici nell’area del Golfo... Gli Emirati Arabi Uniti costituiscono un partner di primaria importanza per le missioni di pace che vedono impegnata l’Italia nelle aree circonvicine; a tal fine hanno concesso l’uso della base aerea di Al Bateen, da cui partono i voli italiani indispensabili per approvvigionare le nostre missioni in Afghanistan. Nessuno, però, se l’è sentita di ricordare le gravi violazioni dei diritti umani e le discriminazioni di genere, politiche, sociali e razziali che caratterizzano le società emirocratiche. Eppure nel maggio 2009 i cittadini USA erano rimasti profondamente indignati per le immagini trasmesse dalla rete televisiva Abc che mostravano il fratello del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Issa bin Zayed al-Nahyan, torturare un uomo per circa 45 minuti. Un crimine ignobile che ha costretto il Dipartimento di giustizia di Abu Dhabi ad aprire un’inchiesta di cui sino ad oggi sono ignoti i risultati.
Questione tutt’altro che secondaria, poi, la permanenza della pena di morte nel sistema giuridico penale degli emirati. Eppure l’articolo 7 dell’accordo di cooperazione Italia-E.A.U., relativamente alle competenze giurisdizionali sul personale, prevede che per le violazioni della disciplina militare, previo esame congiunto dei vari casi, le infrazioni commesse da personale della Parte inviante verranno punite da quest’ultimo Paese, in base alla propria legislazione. Ossia, nel caso dei militari arabi, anche con la pena capitale.
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