mercoledì 30 settembre 2009

SCIAMI

La scelta di un nome alla nascita è in qualche modo augurale, in questo caso se non programmatico, almeno prospettico. Certo la parola fa pensare immediatamente al movimento piuttosto che all’aspetto costruttivo di un alveare. Durante i cortei noi sciamiamo per le strade, ma già qui chi ne ha esperienza sa che non si tratta soltanto di una risposta ad un richiamo, ma dietro ci stanno percorsi organizzativi, strutture, un lavoro di tessitura e cosi via. Sciame mette in evidenza l’organizzazione nel movimento, la pluralità che riesce a sviluppare un comportamento coerente, piuttosto che l’organizzazione funzionale e gerarchico, l’intruppamento di un alveare. Eppure anche quello esiste, lì si ritorna e i luoghi di lavoro, le varie forme istituzionali date nella società normano la nostra vita, volte più al controllo, al contenimento e all’esclusione piuttosto che al favorire le potenzialità dei singoli e la valorizzazione della dimensione comune. A portare avanti con le dovute cautele la similitudine ci sentiamo più vicini alle vespe, nonostante la loro cattiva nomea, con la loro strutturazione leggera, il loro accentuato nomadismo, la plasticità rispetto alle più diverse situazioni, l’irriducibilità rispetto ad ogni esogeno tentativo di sfruttamento. Degli aspetti negativi della metafora preferiamo tacere, ci porterebbero fuori strada. Quello che a noi qui interessa è la prospettiva di allontanarci da un assetto, di sciamare per andare a costruire il comune, che poi l’esodo sia in realtà una “rivoluzione”, un girare su noi stessi e intorno al sole della vita, ci tiene con i piedi per terra, ci porta ad osservare i percorsi e gli insediamenti possibili, ciò che si configura come un passo avanti o un arretramento. Dobbiamo esplorare tutte le pieghe della quotidianità, se vogliamo che il nostro errare ci porti di tappa in tappa ad una nuova dimensione, un alveo in cui alla gerarchia si sostituisca l’autorganizzazione, allo sfruttamento il bene comune.

Salvo D’Allura, Luigi Sturniolo

martedì 29 settembre 2009

Riunione Rete No Ponte


Martedì 29 settembre alle ore 18.00 si svolgerà presso la sede Cobas/Legambiente di Via dei Verdi, 58 la riunione della Rete No Ponte dedicata all'organizzazione di una iniziativa in difesa del trasporto pubblico nello Stretto di Messina. Hanno assicurato la loro partecipazione organizzazioni sindacali dei trsporti e rappresentanti dei pendolari.

lunedì 28 settembre 2009

La rivolta prossima ventura contro il ponte che non c’è


di Luigi Sturniolo


Ogni terra ha la sua rivolta e ognuna le proprie narrazioni. Quella contro il Ponte sullo Stretto sarà la nostra rivolta. Il libro di Matteo Bottari, Sotto il ponte che non si farà, edito da Biblioteca del Cenide di Villa San Giovanni, con un buon corredo fotografico ed una bella impaginazione, ne costituisce la prima narrazione. Ambientato ai tempi delle prime trivellazioni, il libro “inventa” un’opposizione che non ci fu. Proiettato nel passato, descrive un sentimento attuale. Descrive la tensione che sale all’approssimarsi della messa in moto delle ruspe, dell’aprirsi dei cantieri. Il libro è, quindi, una profezia. La profezia di una ribellione.
“Sotto il ponte che non si farà” non è un libro no ponte nel senso militante del termine. E’ l’editore stesso, Domenico Cogliandro, a dire con chiarezza nella postfazione (che è parte integrante di un progetto complessivo che contempla il romanzo, le foto, la postfazione, la scelta della carta e del tipo di mise en page) di non essere contrario al sogno di attraversare lo Stretto ma di essere contrario alle ostentatezze e alle imprudenze dell’attuale progetto. Da questo punto non risulta essere pertinente la critica di una rappresentazione dell’opposizione al Ponte eccessivamente localistica ed ingenua, che non dà ragione della ricchezza e della varietà delle componenti che hanno costituito in questi anni il movimento. Il romanzo è, piuttosto, una manifestazione d’amore nei confronti dei luoghi dello Stretto di cui il Ponte rappresenta l’incombente messa in pericolo. Il Ponte è il veicolo della profanazione di storie locali (ed è per quello che i protagonisti sono personaggi perfettamente inseriti nel contesto, e d’altronde evidentemente reali) ed insieme di un territorio che è letterario nella misura massima possibile. Un territorio che è, quindi, patrimonio di tutti.
La difesa dei luoghi esercitata da don Totò e il Conte (due nomi per tutti) è, quindi, difesa di un interesse comune contro politiche prive di qualsiasi capacità di progettare futuro. Dedite unicamente alla raccolta del consenso e alla spartizione di tutto lo spartibile.
D’altronde di questo hanno parlato le manifestazioni contro il Ponte fino ad oggi. Esse sono state l’espressione collettiva di coloro che non vogliono essere omologati ad una politica meschina e inetta.
Inetta perché meschina.
In uno dei passaggi più brillanti, l’autore scrive: “E’ possibile che il solo parlare del Ponte conduca a scelte che, in altre prospettive, non si sarebbero mai intraprese? Questo succede sullo Stretto da almeno trent’anni a questa parte. Devastazione nella terra sospesa, in bilico tra passato e futuro, senza presente. Il primo effetto del Ponte che non c’è: fare entrare nella testa di tutti che questa terra meravigliosa e particolare, così com’è, non va bene. Costruire un mito al contrario”.
Qui Matteo Bottari colpisce davvero nel segno. Il fatto politico non è il Ponte. E’ il percorso al Ponte. La prostituzione del territorio. La prostituzione delle nostre menti e del nostro futuro. L’aspetto più devastante consiste nel riuscire a far passare l’idea che il diritto alla sopravvivenza, alla riproduzione dei corpi passi attraverso l’insignificanza del contesto. Tutte le biografie, tutte le narrazioni, tutte le prospettive vengono azzerate dall’inverarsi dell’unico esito possibile rinviato all’infinito nel tempo.
Continuare a dire che tanto il territorio è già devastato, che questa è l’ultima occasione a disposizione, che solo un intervento esterno ci può salvare ha la funzione di assoggettarci.
Quando cederemo al Ponte cederemo davvero all’ultima possibilità di un pensiero autonomo di e su questi luoghi.
Se è vero che non si può difendere ciò che non sia ama, Matteo Bottari ci dà una mano nella lotta contro la grande infrastruttura perché ci aiuta ad amare questo pezzo di terra in cui ci è toccato di vivere.

domenica 27 settembre 2009

Al via l’AGS, il nuovo sistema di spionaggio NATO


di Antonio Mazzeo


Lo sviluppo dell’AGS (Alliance Ground Surveillance), il nuovo sistema di sorveglianza terrestre della NATO, ha generato divisioni insanabili all’interno dell’Alleanza Atlantica. Alla firma del Programme Memorandum of Understanding (PMOU) che segna i confini legali, organizzativi e finanziari del sistema d’intelligence, si sono presentati infatti solo 15 dei paesi membri dell’organizzazione nord-atlantica. Si tratta di Bulgaria, Canada, Danimarca, Estonia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Stati Uniti d’America. Per la gestione e il coordinamento delle attività di sviluppo e implementazione dell’AGS, le nazioni aderenti al PMOU hanno dato vita a due nuove agenzie, la NATO AGS Management Organisation (NAGSMO) e la NATO AGS Management Agency (NAGSMA). Il Comando Supremo Atlantico di Bruxelles ha inoltre comunicato che la piena capacità del sistema di sorveglianza terrestre sarà raggiunta entro il 2012, anticipando di un anno i tempi previsti.
Nel corso della riunione dei Ministri della Difesa della NATO di Cracovia, il 19 e 20 febbraio 2009, è stata formalizzata la scelta della stazione aeronavale di Sigonella quale “principale base operativa” dell’AGS. “Abbiamo scelto questa base dopo un’attenta valutazione e per la sua centralità strategica nel Mediterraneo che le consentirà di concentrare in quella zona le forze d’intelligence italiane, della NATO e internazionali”, ha dichiarato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini. Nella grande infrastruttura militare siciliana saranno ospitati i sistemi di comando e di controllo del’AGS, centralizzando le attività di raccolta d’informazioni ed analisi di comunicazioni, segnali e strumentazioni straniere. Sigonella si trasforma così in un’immensa centrale di spionaggio, un “Grande Orecchio”, della NATO capace di spiare, 24 ore al giorno, un’area che si estende dai Balcani al Caucaso e dall’Africa al Golfo Persico.
La stazione aeronavale ospiterà inoltre la componente di volo del sistema di sorveglianza, costituita da sei sofisticati velivoli senza pilota (UAV). In un comunicato stampa del 25 settembre scorso, gli alti comandi NATO hanno spiegato che “il segmento aereo dell’AGS Core sarà basato sulla versione Block 40 dell’aereo “RQ-4B Global Hawk” di produzione statunitense, dotato di un’autonomia di volo superiore alle 30 ore ed in grado di raggiungere i 60.000 piedi di altezza, in qualsiasi condizione meteorologica”. Gli UAV saranno equipaggiati con un sensore radar di sorveglianza del suolo multi-piattaforma (MPRIP Multi-Platform Radar Insertion Program) e con un sistema di trasmissione dati a banda larga. Mediante l’impiego di questi sensori tecnologicamente avanzati, l’AGS Core scoprirà e “traccerà” oggetti in movimento nell’area osservata e fornirà immagini radar di oggetti stazionari. Il segmento terrestre, che sarà sviluppato dalle industrie militari canadesi ed europee, distribuirà i dati ad i molteplici utenti operativi all’interno e fuori dal teatro delle operazioni belliche, e funzionerà come un’interfaccia tra l’AGS Core ed un’ampia gamma di sistemi d’Intelligence, Sorveglianza e Riconoscimento (IRS), nazionali e NATO. Il segmento di terra dell’AGS includerà i sistemi dedicati al supporto della missione, dislocati presso la Main Operating Base di Sigonella, e le stazioni terrestri, anche in configurazione trasportabile e mobile, per la pianificazione ed il controllo delle operazioni di volo degli UAV.
“Grazie all’Alliance Ground Surveillance, la NATO acquisirà una considerevole flessibilità nell’impiego della propria capacità di sorveglianza di vaste aree di territorio in modo da adattarla alle reali necessità operative”, ha dichiarato Peter C. W. Flory, vicesegretario generale per gli Investimenti alla difesa dell’Alleanza Atlantica. “L’AGS è essenziale per accrescere la capacità di pronto intervento in supporto delle forze NATO per tutta le loro possibili future operazioni. L’AGS sarà un elemento chiave per assicurare l’assunzione delle decisioni politiche dell’Alleanza e la realizzazione dei piani militari”. Il nuovo sistema non è però un mero mezzo di intercettazione e di spionaggio. Come è stato riconosciuto dal Capo di Stato Maggiore italiano, generale Camporini, nella base di Sigonella sarà allestito un “più avanzato sistema SIGINT”. Il SIGINT, acronimo di Signals Intelligence, è lo strumento d’eccellenza di ogni “guerra preventiva” e ha una funzione determinante per scatenare il “first strike”, convenzionale o nucleare che sia. Una delle articolazioni SIGINT è la cosiddetta ELINT – Electronic Intelligence, che si occupa in particolare d’individuare la posizione di radar, navi, strutture di comando e controllo, sistemi antiaerei e missilistici, con lo scopo di pianificarne la distruzione in caso di conflitto.
Nonostante l’accelerazione inferta al piano di sviluppo dell’AGS, il Comando NATO di Bruxelles ha chiesto un maggiore impegno collettivo ai paesi membri. “La partecipazione al programma resta aperto agli altri Alleati interessati”, ha dichiarato il vicesegretario Peter C. W. Flory, invitando apertamente i partner dell’Europa occidentale e la Polonia a rientrare nell’AGS. Originariamente, il piano di sviluppo del sistema di sorveglianza vedeva associate 23 nazioni. Il 16 aprile 2004, la NATO attribuì al consorzio “Trans-Atlantic Industrial Proposed Solution” (TIPS) la ricerca e la progettazione delle apparecchiature terrestri e aeree. Al consorzio partecipavano le statunitensi Northrop Grumman e General Dynamics, la European Aeronautic Defense and Space Company – EADS (gruppo aerospaziale a cui aderiscono società tedesche, francesi ed olandesi), la francese Thales, la spagnola Indra e l’italiana Galileo Avionica. L’accordo prevedeva la realizzazione di una flotta di aerei senza pilota a composizione “mista” (i Global Hawk USA e gli europei Airbus A321). Nel novembre 2007, Washington annunciò però l’abbandono di questa soluzione e la milionaria commessa dei velivoli spia fu affidata in esclusiva alla Northrop Grumman. La delusione e la rabbia degli alleati europei fu incontenibile e, uno dopo l’altro, Belgio, Francia, Ungheria, Olanda, Portogallo, Grecia e Spagna ritirarono il proprio appoggio finanziario ed industriale all’AGS. La diserzione alleata ebbe come prima conseguenza l’aumento dell’onere finanziario a carico dell’Italia per la realizzazione delle attrezzature e delle infrastrutture del sistema di sorveglianza, circa 150 milioni di euro, pari al 10% del piano finanziario del programma.
Le autorità spagnole, che in un primo tempo avevano candidato lo scalo di Zaragoza come “principale base operativa” dell’AGS, hanno deciso di ritirarsi non solo per motivi di ordine economico-industriale. “L’installazione a Zaragoza dei velivoli senza pilota presentava molti inconvenienti al normale funzionamento del vicino aeroporto della città”, ha dichiarato il portavoce del governo Zapatero. “Dato che le aeronavi della NATO voleranno continuamente per catturare le informazioni, si potevano generare restrizioni al traffico aereo, saturazione nello spazio aereo e problemi durante gli atterraggi e i decolli”. Una valutazione dei rischi per la sicurezza dei sei milioni di passeggeri in transito dallo scalo di Catania-Fontanarossa (ad una decina di chilometri da Sigonella), che né il governo Prodi né quello Berlusconi si sono sentiti di fare. Eppure durante l’ispezione compiuta il 31 marzo 2008 nella base siciliana dal parlamentare di Sinistra Critica-PRC, Salvatore Cannavò, l’allora comandante del 41° Stormo dell’Aeronautica militare, colonnello Antonio Di Fiore, aveva negato l’ipotesi d’insediamento a Sigonella dei Global Hawk in quanto “la gestione di quel tipo di aerei senza pilota non è compatibile col traffico civile del vicino aeroporto civile Fontanarossa”.
Con l’AGS, inevitabilmente, sarà dato nuovo impulso ai processi di militarizzazione del territorio siciliano. Per il funzionamento degli aerei senza pilota e della nuova supercentrale di spionaggio, il ministro della difesa Ignazio La Russa ha annunciato l’arrivo nell’isola di un “NATO Force Command di 800 uomini, con le rispettive famiglie”. È prevedibile che saranno presto avviati i lavori per realizzare nuovi complessi abitativi per il personale in forza alla stazione aeronavale. I consigli comunali di Motta Sant’Anastasia (Catania) e Lentini (Siracusa) hanno già adottato quattro progetti di variante ai piani regolatori per l’insediamento di residence e villaggi ad uso esclusivo dei militari statunitensi e NATO.
Dovrebbe essere ormai questione di giorni l’arrivo a Sigonella del plotone di 4-5 velivoli RQ-4B “Global Hawk” dell’US Air Force, destinati ad operare in Europa, Medio oriente e nel continente africano. Nella base siciliana sarà pure realizzato il Global Hawk Aircraft Maintanance and Operations Complex, il complesso per le operazioni di manutenzione degli aerei senza pilota. Il progetto, da finanziare con il budget 2010 dell’Air Force Military Construction, Family Hosusing and base Realignment and Closure Programs, è stato definito di “alto valore strategico” da Kathleen Ferguson, vicesegretaria della Difesa, in occasione della sua audizione davanti al Congresso, il 3 giugno 2009. Il programma dell’US Air Force ha però lasciato perplessi i congressisti che hanno chiesto di posticipare l’installazione del nuovo hangar di supporto ai Global Hawk. “La marina USA possiede a Sigonella facilities di volo che attualmente sono sotto-utilizzate e possono pertanto ospitare a breve termine le necessità che deriveranno dall’arrivo dei primi Global Hawk nell’ottobre 2009”, ha dichiarato il portavoce del Comitato per le installazioni militari del Congresso. “Raccomandiamo pertanto di deferire l’investimento in facilities di volo aggiuntive a NAS Sigonella sino a quando il Rapporto Quadriennale della Difesa non informi sul futuro dei programmi del velivolo di pattugliamento marittimo P-8 e dei sistemi senza pilota UAV dell’US Navy, nonché su quanto verrà deciso relativamente all’installazione di questi programmi a Sigonella”.
Lo scorso anno, il Pentagono ha assegnato alla Northrop Grumman il piano di sviluppo dei nuovi velivoli senza pilota che saranno utilizzati dalle forze navali. Con la prima tranche del programma, a partire del 2015 saranno forniti 68 “Global Hawk” in versione modificata rispetto a quelli già operativi con l’US Air Force. Spesa prevista 1,16 miliardi di dollari. “Una quarantina di questi velivoli UAV saranno dislocati in cinque siti: Kaneohe, Hawaii; Jacksonville, Florida; Sigonella, Italia; Diego Garcia, Oceano Indiano, e Kadena, Okinawa”, hanno dichiarato i portavoce del Dipartimento della Difesa. “Ad essi, nelle differenti missioni navali in tutte le aree del mondo, si affiancheranno i velivoli con pilota P-8 Multi-Mission Maritime Aircraft (MMA), che stanno sostituendo i P-3 Orion in servizio dal 1962”. L’US Navy ha già preannunciato che le “front lines” per la dislocazione dei nuovi P-8 saranno le stazioni aeronavali di Diego Garcia, Souda Bay (Grecia); Masirah (Oman); Keflavik (Islanda), Roosevelt Roads (Porto Rico) e l’immancabile Sigonella.
Intanto, in vista del rilancio delle iniziative contro i nuovi programmi di guerra USA e NATO in Sicilia, il movimento “no war” si è dato appuntamento per mercoledì 30 settembre, ore 16,30, nella facoltà di Lingue dell’Università di Catania (Monastero dei Benedettini) per un incontro-dibattito dal titolo: “Dal potenziamento di Sigonella alla costruzione del MUOS a Niscemi. I pericoli della militarizzazione e della guerra”. Parteciperanno, tra gli altri, Alfonso Di Stefano (Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella), Valerio Marletta (consigliere provinciale del Prc), Gianni Piazza (docente della facoltà di Scienze Politiche) e Santi Terranova (legale dell’Associazione bambini leucemici “Manuele e Michele” di Lentini).

sabato 26 settembre 2009

A tutte/i coloro che si riconoscono nel movimento NoPonte


Car* No pontisti, dopo la bella manifestazione contro il Ponte, che abbiamo realizzato l’8 agosto a Messina, la grancassa della stampa di regime insiste con la propaganda a favore della realizzazione dell’opera, riportando che la prima pietra sarà posata il I gennaio 2010.
Di fronte a questa protervia mediatica, non possiamo che continuare a riaffermare la nostra netta contrarietà all’ipotesi di costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, giudicando l’opera assolutamente inutile e devastante per il nostro territorio.
Intanto, la società Stretto di Messina S.p.A., avendo avuto la disponibilità dal Cipe di 1 miliardo e 300 milioni di euro, impegnerà ingenti risorse pubbliche in modo consistente nel foraggiare la cosiddetta fase di progettazione. Tutto questo in un territorio che esprime altri bisogni veri, come la risoluzione delle eterne emergenze relative alle gestioni di acqua e rifiuti, la messa in sicurezza degli edifici (a cominciare dalle strutture pubbliche come le scuole) oltre interventi forti contro il dissesto idrogeologico e la salvaguardia delle zone di montagna o anche interventi sulla statale 106, l’ultimazione dei lavori dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, l’ammodernamento ed il potenziamento della flotta navale sul canale dello Stretto ed investimenti seri sulla linea ferroviaria.
Invece, da parte del Governo, si insiste nel volere costruire un Ponte che peserà oltre 100 mila tonnellate di cemento armato in una delle aree a più elevato rischio sismico in Italia, e che ha già sperimentato grandi lutti per il maremoto del 1908 (forse non ricordano le migliaia di morti che abbiamo avuto tra Messina e Reggio).
La nostra contrarietà all’imposizione di questo manufatto è dovuta anche al metodo antidemocratico esercitato dai nostri governanti, che non tengono in alcun conto il diritto che noi residenti abbiamo di determinare il futuro di quest’area territoriale.
Oggi si tratta di continuare a lottare affinché questi territori possano avere un futuro credibile.
La fase che stiamo attraversando non è convincere noi stessi che il ponte sia dannoso e inutile, ma di riuscire a far crescere l’idea che ci stiano per rubare il futuro di questo posto, e che se dovessero aprire i cantieri il domani sarebbe discriminato fortemente.
Per potersi opporre allo scempio che si prevede con gli espropri e l’inizio dei lavori, anche delle opere propedeutiche, occorre una grande lotta fatta di persone vere che sentono che stanno per essere scippate delle cose più importanti che posseggono, uniche e irripetibili.
La consapevolezza chiara è che l’opposizione all’inizio dei lavori la dovremo fare noi che viviamo questo territorio e la dovremo fare presto.
E’ convocata una assemblea aperta a tutti i No pontisti per ritrovarci, analizzare lo stato dell’arte e programmare le adeguate iniziative che sono necessarie, in particolare sulla sponda calabrese.
L’invito all’assemblea è fatto richiedendo una partecipazione individuale, a chiunque viene sollecitato l’impegno personale piuttosto che una sigla.

L’INCONTRO SI TERRA’ AL C.S.O.A. CARTELLA

GIOVEDI’ 1 OTTOBRE ALLE ORE 19

QUESTA TERRA E’ LA NOSTRA TERRA

NO PONTE NO

La pioggia, il vento, il fuoco


di Rete No Ponte


Un territorio sano, non ferito da anni e anni di criminale edificazione, occupazione di prezioso suolo naturale, di sbancamenti, incendi che impoveriscono la vegetazione e rendono il suolo vulnerabile alla pioggia, forte o meno forte che sia, non reagirebbe come accaduto in questi giorni: frane, smottamenti, allagamenti, con i disagi che sono sotto gli occhi di tutti. Il passato anche recentissimo del nostro territorio avrebbe dovuto insegnare che la sua fragilità non va accentuata da irresponsabile edificazione in ogni dove, che le azioni illegittime vanno perseguite e non tollerate (vedasi aperture piste su pendii, occupazione di alvei di fiumare e torrenti e tanto altro), che gli incendi, anche se a bruciare sono “sterpaglie” per i più (che è invece preziosa prateria sub steppica) vanno comunque fermati d’urgenza e che la cronica carenza di vigili del fuoco deve essere risolta una volta per tutte. Questa volta è toccato alla fascia ionica a sud della città, ma Messina, ogni volta che piove, registra danni incalcolabili, e non dimentichiamoci anche le vittime (28 settembre 1998 le più recenti). In molti da molto tempo chiedono al Comune la sospensione della variante al PRG alla luce delle nuove norme di tutela ambientale che vigono sul territorio, un’occasione d’oro per ridisegnare la città che a detta di tutti ormai, possiede una previsione urbanistica sovradimensionata. L’amministrazione, anziché rispettare norme nazionali e comunitarie e cogliere con intelligenza l’opportunità data dalla Zona a Protezione Speciale – che certo non impedirebbe di realizzare ciò che realmente serve alla città – si è accanita contro di essa, perdendo ad oggi tempo prezioso e tutti i ricorsi avviati contro di essa. Ruspe, lottizzazioni impressionanti su pendii fragili, copertura di impluvi naturali, sbancamenti enormi, sono continuati imperterriti, accelerando la fragilità intrinseca dei Peloritani, monti geologicamente giovani e pertanto soggetti più di altri a fenomeni franosi che la mano dell’uomo ha aggravato e reso pressocchè costanti. Quanto previsto con il ponte, non solo la struttura aerea ma le opere connesse e quelle che si sbandierano da mesi, come compensative, non farebbero che aggravare ulteriormente il già gravissimo dissesto idrogeologico.
Basti pensare alle sole aree di stoccaggio dello smarino (materiale di scavo), previsto in aree di impluvio e in quantità impressionanti, tanto da formare vere e proprie montagne di materiale al posto dei naturali percorsi di scorrimento delle acque meteoriche. La scellerata urbanizzazione della città ha reso questa, una trappola mortale in caso di eventi catastrofici, non solo in caso di pioggia ma anche di sisma. Il capo del Genio Civile, l’ing. Sciacca, ha lanciato ripetutamente l’allarme, chiedendo la sospensione della Variante del PRG e una sua rielaborazione alla luce della gravissima situazione esistente. A tutti gli allarmi lanciati è seguito il silenzio e il proseguo di proclami di nuove e scellerate edificazioni (si pensi al “centro benessere” allo Scoppo, alla cementificazione delle colline, del mare e della costa a Grotte, al Piano particolareggiato di Faro Superiore, villaggio già fortissimamente congestionato e impraticabile, dove si vorrebbero realizzare centinaia di nuovi insediamenti con un aumento della popolazione di circa 3000 abitanti ma l’elenco è infinito), facendo finta che il rischio sismico non esista e che quello idrogeologico sia solo un ricordo del passato. Messina ha scelto, come economia unica e sola, quella del cemento e delle opere faraoniche, inutili e antieconomiche: un’amministrazione illuminata e attenta alla sicurezza dei cittadini, fermerebbe tutto, compreso il ponte e deciderebbe di convogliare le maestranze e le economie in una seria riqualificazione ambientale del territorio e dell’edilizia esistente. Un’amministrazione che abbia veramente a cuore la cittadinanza, convoglierebbe risorse umane, professionali ed economiche non solo nel mettere in sicurezza il territorio massacrato irresponsabilmente, ma anche nella verifica antisismica ed eventuale adeguamento, dell’intera città, fermando però il sacco edilizio che continua imperterrito e che aggrava giorno dopo giorno l’instabilità dei pendii, la sofferenza delle fiumare invase da ostruzioni di ogni genere e coperte da asfalto. Non si può continuare a pensare che non possa piovere più e che bastino muri di contenimento per fermare il dissesto idrogeologico, così come non è pensabile continuare a pianificare in modo illogico la città, costruendo ovunque, e costringendo i cittadini a vivere in una trappola mortale, per evitare la quale si immaginano ulteriori nuovi scempi che aggraverebbero ulteriormente la situazione già oggi drammatica.
Si colga l’allarme lanciato dal genio civile e si fermi tutto, si investa in ciò che rende più sicura e civile la vita a Messina, senza continuare a pontificare nel senso vero del termine, di ponte e opere connesse e compensative e fantomatici piani triennali che prevedono ulteriori valanghe di cemento Non è sottraendo per sempre suolo ancora naturale costruendoci sopra, non è realizzando siti di deposito di materiale, nuove cave, strade, nuove corsie autostradali che questa città e i suoi cittadini potranno acquisire sicurezza e benessere, ma è attraverso la ricostruzione della qualità ambientale ed edile che si potrà realmente porre fine ai disastri che giungono immancabili, ad ogni pioggia e che potrebbero essere incalcolabili in caso di sisma.

APPELLO MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIRAZZISTA ROMA 17 OTTOBRE

Il 7 ottobre del 1989 centinaia di migliaia di persone scendevano in piazza a Roma per la prima grande manifestazione contro il razzismo. Il 24 agosto dello stesso anno a Villa Literno, in provincia di Caserta, era stato ucciso un rifugiato sudafricano, Jerry Essan Masslo.
A 20 anni di distanza, il razzismo non è stato sconfitto, continua a provocare vittime e viene alimentato dal governo Berlusconi. Il pacchetto sicurezza varato dal governo di Centro-Destra offende la dignità umana, introducendo il reato di “immigrazione clandestina”.
La morte degli immigrati nel canale di Sicilia, che si sta trasformando in un cimitero marino, è la tragica conseguenza della logica disumana che ispira la politica governativa.Questa drammatica situazione sta pericolosamente alimentando e legittimando nella società la paura e la violenza nei confronti di ogni diversità.
E’ il momento di reagire e costruire insieme una grande risposta di lotta e solidarietà per difendere i diritti umani respingendo ogni tipo di razzismo.
Pertanto facciamo appello a tutte le associazioni laiche e religiose, alle organizzazioni sindacali, alla società civile e a tutti i movimenti a scendere in piazza il 17 ottobre per fermare il dilagare del razzismo sulla base di questa piattaforma׃

No al razzismo
Per la regolarizzazione generalizzata per tutti
Ritiro del pacchetto sicurezza
Accoglienza per tutti
No ai respingimenti e agli accordi bilaterali che li prevedono
Per la rottura netta del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro
Diritto di asilo per i rifugiati e profughi
Per la chiusura definitiva dei Centri di Identificazione ed Espulsioni (CEI)
No alle divisioni tra italiani e stranieri
Diritto al lavoro, alla salute, alla casa e all’istruzione per tutti
Mantenimento del permesso di soggiorno per chi ha perso il lavoro
Contro ogni forma di discriminazione nei confronti di LGBT
Solidarietà a tutti i lavoratori in lotta per la difesa del lavoro


Comitato 17 ottobre 2009 Messina
Circolo Arci Thomas Sankara - Comitato Territoriale Arci Messina- Associazione Comunitaria Filippina di Messina- Associazione Bahtalo Drom comunità rom di Messina- CGIL Messina- Confederazione Unitaria di Base CUB Messina- COBAS Messina- Federazione Partito della Rifondazione Comunista di MessinaPDC Partito dei Comunisti Italiani Messina- FGCI Federazione Giovanile Comunisti Italiani MessinaSinistra e Libertà – Messina- Rete Korakanè- Casa matta della Sinistra

Per adesioni
comitato17ottobreme@tiscali.it http://comitato17ottobremessina.blogspot.com/
tel. 0906413730