E’ uno strano destino quello del
rapporto dell’attivista di movimento con le istituzioni. Quando, in tutta
onestà, fa quanto lo statuto di attivista prescrive, cioè agisce nella società
senza porsi il problema della rappresentanza, quanto, al contrario, quello
dell’approfondimento e dell’estensione dei luoghi e delle ragioni del
conflitto, in tanti (quelli più saggi, spesso) gli vanno a dire che “va bene il
movimento, ma se non ti radichi nelle istituzioni non riuscirai a cambiare nulla”.
Quando l’ingenuo attivista, ormai convinto da tanta insistenza e anche da in
certo grado di frustrazione figlia delle tante battaglie perse, decide che “sì,
è arrivato il momento di attraversare le istituzioni” gli stessi di prima gli
dicono che “una cosa è fare movimento, una amministrare o governare”, “i
vincoli burocratici non consentono di fare quello che si vuole”, “bisogna
rispettare le regole”.
domenica 29 marzo 2015
domenica 15 marzo 2015
LA POLITICA DELLE GRANDI OPERE E’ UN FALSO IDEOLOGICO
Di certo tutti ci ricordiamo del
Berlusconi che a “Porta a Porta” disegnava sullo Stivale le linee delle Grandi Opere
infrastrutturali che avrebbero innervato il paese e consentito a merci e
persone di correre più veloci della luce. Era il tempo dell’approvazione della
Legge Obiettivo, quella che avrebbe, bypassando le lungaggini amministrative
determinate dai controlli degli enti locali (adesso non gli basta più, nelle
riforme costituzionali a farne le spese sono le Regioni che vedono trasferite
le proprie competenze allo Stato in materia di infrastrutture), consentito una
rapida e corretta realizzazione dei manufatti.
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