sabato 13 marzo 2010

PONTE SULLO STRETTO: IL MITO DELLA GRANDE OPERA E LA TUTELA DEL TERRITORIO


Quella del ponte sullo stretto è diventata ormai un’epopea. Sono passati decenni in proclami, discussioni e ribaltoni politici. In questi mesi, però, il nostro governo pare aver annunciato l’epilogo di questa saga. Dopo aver sbloccato l’appalto da quasi 5 miliardi di euro, vinto da Impregilo (consorzio già “costruttore” del tristemente noto ospedale dell’Aquila), e dopo aver da ultimo rifinanziato la Stretto di Messina s.p.a. con uno stanziamento di 400 milioni di euro nella legge finanziaria 2010, il governo Berlusconi sembra seriamente intenzionato a far partire i lavori.


Nonostante questo stato di fatto, la tematica del ponte sullo stretto rimane una vertenza di primaria importanza. Come sostenuto dalla rete No-Ponte, a fronte di tale progetto si oppone “un solo no, ma tanti si”. Dietro questo slogan sono presenti critiche forti e fondate, nonché stimoli di riflessione che oltrepassano il “limitato” orizzonte del ponte. Quale sarà l’impatto ambientale dell’eventuale costruzione della Grande Opera? Esiste realmente un progetto ingegneristico definitivo, che tenga conto delle peculiarità geofisiche dell’area dello stretto? Quali sono i rischi di infiltrazione mafiosa nell’indotto che il ponte potrebbe generare? Ci saranno davvero benefici durevoli sul tessuto socio-economico locale (crescita occupazionale, miglioramento dei trasporti)?


Soprattutto, siamo sicuri che l’area dello stretto di Messina abbia realmente bisogno del ponte? Noi riteniamo che altre siano le priorità, sia per lo sviluppo sostenibile e armonico del territorio (ambiente, infrastrutture), sia per le prospettive socio-economiche delle collettività coinvolte. Riteniamo, inoltre, che il ponte si possa considerare come una “metafora”, un esempio di come troppo spesso nel nostro Paese si affrontino le questioni relative alla promozione del territorio. Sviscerando la vertenza cui abbiamo accennato, vogliamo tentare di capire cosa, e con quali strumenti, il diritto, la tecnologia e le realtà territoriali possono fare per la tutela e lo sviluppo del territorio. Nello stretto di Messina, così come in tutta Italia.





INTERVERRANNO COME RELATORI:


-        Alfredo Fioritto, prof. associato in diritto amministrativo all’università di Pisa


-        Luigi Sturniolo, membro della rete no-ponte e curatore della pubblicazione “Ponte sullo stretto e mucche da mungere”


-        Nuccio Barillà, direttivo nazionale di Legambiente



23 marzo 2010, ore 15:00 aula 5 palazzo della sapienza

mercoledì 10 marzo 2010

Sembra un film già visto

Mi sembra che tutto assomigli al primo ottobre. Esco per vedere cosa succede. Alla fine di Ali la vigilessa mi ferma, non si passa. Ci sono delle frane al Capo Ali, ma dopo è anche peggio. Passo davanti al campo da tennis in terra rossa che vedo, da un anno, tutte le mattine dal finestrino del treno. E' ridotto ormai ad un'aiuola. Pare che il sindaco avesse i soldi per fare il campo ma non gli spogliatoi e quindi non possa essere utilizzato. Soldi buttati. Giro l'angolo. Il campo su cui giocano da generazioni i ragazzi di Ali è sul greto del fiume. E' uno dei pochi spazi di socializzazione, ma occupa quasi per intero l'alveo del fiume e lascia allo scorrimento delle acque un lume di non più di mezzo metro. Dimenticavo la statale è chiusa all'uscita di Ali, ma in realtà dal 1. ottobre due cartelli, uno ben visibile appena usciti dal casello di Roccalumera ed uno dopo Giampilieri marina annunciano il transito interrotto lungo la statale. C'è il rischio che se t'ammazzi con la macchina la tua famiglia non prenda neanche i soldi dell'assicurazione perchè stai transitando abusivamente su una strada sulla quale vige il divieto di transito.
Da mesi chiediamo che i soldi del ponte vengano utilizzati per la sicurezza dei territori. Ma questo, in realtà, non basta. C'è il rischio che nell'emergenza le risorse vengano utilizzate, senza controlli, come avviene in regime d'emergenza, dagli stessi sindaci che hanno ridotto e/o consentito che le città, i paesi si riducessero a questo stato di degrado.
Oggi, davvero, bisogna esser rivoluzionari per migliorare almeno un pò le cose.