sabato 18 aprile 2015

CHE PALLE, ANCORA IL PONTE NO, PER FAVORE!

Si assiste da qualche giorno ad un ritorno di fiamma,  in sede locale,  per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Uno degli argomenti mossi dai promotori di queste nuove iniziative pro ponte si riferisce all'abbandono del territorio siciliano sul fronte degli investimenti pubblici e delle infrastrutture. Non c'è alcun dubbio che si tratti di argomento fondato e degno di sostegno. L'errore dei pro ponte consiste nell'individuazione dell'infrastruttura sbagliata, infrastruttura sbagliata sia come eventuale occasione di investimento pubblico che per la sua capacità di attrarre capitali privati.  Dal punto di vista del finanziamento pubblico, quello relativo al Ponte sullo Stretto (8 miliardi di euro) è inarrivabile in una fase di crisi come quella attuale e, allo stesso tempo, sarebbe folle scegliere una tale infrastruttura che ha un rapporto tra spesa e posti di lavoro impiegati assolutamente inferiore rispetto all’impatto che potrebbe avere, da questo punto di vista, l’impiego della stessa cifra nella messa in sicurezza idrogeologica del territorio o nella messa in sicurezza e cura dei centri urbani. D’altronde, un investimento del genere non è giustificato minimamente dal volume di traffico che muove e proprio per questo l’ipotesi di un finanziamento privato è destituito di ogni fondamento. Non c’è neanche la più lontana speranza di un rientro dall’investimento attraverso il gettito dato dall’opera infrastrutturale.


sabato 4 aprile 2015

La miserabile fine dei servizi privatizzati

La delibera di Giunta n. 189 del 31 marzo 2015 con la quale l’Amministrazione Accorinti segna le tappe che dovranno condurre alla costituzione della “Messina Multiservizi”, società che dovrebbe includere il servizio di trasporto pubblico locale, idrico e di smaltimento rifiuti (forse anche i servizi sociali), e la commissione tecnica che dovrà elaborarne modalità di funzionamento e struttura, rappresenta un passaggio decisivo dell’attuale consiliatura con il quale sarà fondamentale confrontarsi. Alcuni aspetti rispondono a degli obblighi di legge (la cessione delle quote delle società “in sonno”, ad esempio), altri (la scelta della natura proprietaria, ad esempio) saranno oggetto di decisioni che impegneranno l’ente per il proprio futuro e, quindi, dovranno essere affrontati con la massima consapevolezza.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito in Italia all’affermarsi di un pensiero unico che puntava sulla privatizzazione dei servizi pubblici, attribuendo a tale scelta una sorta di capacità salvifica nei confronti di compiti della Pubblica Amministrazione che, finiti in pasto alla voracità dei partiti e alla corruzione dei burocrati, erano risultati largamente disattesi. L’estendersi del processo di privatizzazione, la scelta di attribuire natura privatistica a molte delle società che gestivano i servizi locali e, in particolare, il formarsi di partecipazioni tra pubblico e privato che hanno prodotto, in larga misura, profitti per i privati e debiti per il pubblico hanno, evidentemente, mostrato come tale capacità salvifica fosse un mero trucco ideologico e che la forma privata applicata al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini non soddisfacesse i requisiti dell’efficienza e dell’economicità.

domenica 29 marzo 2015

Io non sono anarchico

E’ uno strano destino quello del rapporto dell’attivista di movimento con le istituzioni. Quando, in tutta onestà, fa quanto lo statuto di attivista prescrive, cioè agisce nella società senza porsi il problema della rappresentanza, quanto, al contrario, quello dell’approfondimento e dell’estensione dei luoghi e delle ragioni del conflitto, in tanti (quelli più saggi, spesso) gli vanno a dire che “va bene il movimento, ma se non ti radichi nelle istituzioni non riuscirai a cambiare nulla”. Quando l’ingenuo attivista, ormai convinto da tanta insistenza e anche da in certo grado di frustrazione figlia delle tante battaglie perse, decide che “sì, è arrivato il momento di attraversare le istituzioni” gli stessi di prima gli dicono che “una cosa è fare movimento, una amministrare o governare”, “i vincoli burocratici non consentono di fare quello che si vuole”, “bisogna rispettare le regole”.

domenica 15 marzo 2015

LA POLITICA DELLE GRANDI OPERE E’ UN FALSO IDEOLOGICO

Di certo tutti ci ricordiamo del Berlusconi che a “Porta a Porta” disegnava sullo Stivale le linee delle Grandi Opere infrastrutturali che avrebbero innervato il paese e consentito a merci e persone di correre più veloci della luce. Era il tempo dell’approvazione della Legge Obiettivo, quella che avrebbe, bypassando le lungaggini amministrative determinate dai controlli degli enti locali (adesso non gli basta più, nelle riforme costituzionali a farne le spese sono le Regioni che vedono trasferite le proprie competenze allo Stato in materia di infrastrutture), consentito una rapida e corretta realizzazione dei manufatti.