di Luigi Sturniolo
Qualcuno ha
detto che l’autorganizzazione si dà nelle situazioni-limite. E’ vero. Laddove
le risposte pre-coordinate non soddisfano più le domande che insistono nel
contesto pezzi di questo cercano nuove strade. Si ridefiniscono. Per questo
l’autorganizzazione è imprevedibile. L’indeterminatezza è il suo statuto. Per
questo l’autorganizzazione è produttiva. Perché è un’eccedenza.
L’autorganizzazione è creativa. Solo l’autorganizzazione è creativa. Sembrano
corrispondere a questo le tesi di Ilya Prigogine secondo il quale “in condizioni di lontananza dall’equilibrio
possono aver luogo vari tipi di processi di auto-organizzazione … Abbiamo
visto che la condizione periodica per la
comparsa di simili fenomeni è l’esistenza di effetti catalitici”. Fenomeni
che venivano definiti come rumore, turbolenza, caos assumono, quindi, per
Prigogine carattere creativo. E’ significativo che egli individui, poi, nella
presenza di un fattore catalizzante una condizione necessaria per il
costituirsi di un nuova forma di organizzazione. Certo, è davvero forzoso
traslare teorie relative a sistemi molecolari sul terreno dell’organizzazione
sociale o dei movimenti politici, ma lo è ancora di più pensare, come
normalmente si fa, di imporre alle relazioni umane convenzioni morali,
volontaristiche, innaturali.
Assumendo
quanto detto come presupposto, cade l’obiezione di aleatorietà che viene
avanzata sempre ai movimenti sociali, al loro darsi con movenze spontanee
totalmente incarnate nelle necessità umane. Il loro apparire ciclico sulla
scena, lungi dall’essere espressione dell’insignificanza, è fattore creativo.
La loro consistenza va misurata sul grado di autonomia che depositano non
sull’incremento numerico di questa o quella soggettività. La contraddizione in
termini rappresentata dalle espressioni dell’autorganizzazione che diventano
strutture della rappresentanza mina dall’interno le potenzialità connaturate
alle insorgenze. In un tempo molto lontano nel movimento tedesco girava uno
slogan che diceva più o meno “istituzionale
o anti-istituzionale, la politica è sempre la stessa merda”. Forse non è
esattamente così. Forse la politica, come manifestazione dell’autogestione
della vita, va salvata, ma senz’altro “istituzionale
o anti-istituzionale, la rappresentanza è sempre la stessa merda”.
All’autorganizzazione
come atto creativo corrisponde la soggettività come fattore catalizzante. Non
si dà formazione di nuova organizzazione se non attorno ad un addensamento. Le
pisoliti, le perle di grotta, si formano intorno ad un miniscolo granello di
sabbia e sono incrementate dal calcare trascinato dall’acqua. Sono nuove
formazioni. E sono belle. Generalmente si formano a mucchi, in un bacino che le
accoglie. Il comune che ci è concesso,
la conoscenza che utilizziamo e della quale godiamo, le libertà dentro le quali
riusciamo a riprodurci, i diritti, gli spazi sono il deposito lasciato dalle
insorgenze passate. A loro dobbiamo il nostro futuro. Sono la nostra dote di
ricchezza che dobbiamo custodire. Non c’è spazio per alcuna ideologia e per
nessun riformismo.
Si può,
quindi, giocare su tutti i tavoli. Perché non c’è possibilità di tradimento. Perché
non c’è nulla che possa essere tradito. Quando l’autorganizzazione viene
tradita è perché ha già trovato nuovi addensamenti. Dov’è, quindi, la misura?
Dove volgere lo sguardo per verificare lo stato del conflitto? Di certo non nel
triste accumulo del consenso, né nella conquista di posizioni di comando, ma
nella materialità delle relazioni sociali, nel semplice miglioramento delle
condizioni di vita, nella salvaguardia dell’ecosistema, nell’indipendenza dai
dispositivi di controllo.
Serve, quindi,
la soggettività o bisogna affidarsi allo spontaneo darsi degli eventi? Secondo
Humberto Maturana “una barca che va alla
deriva è sempre, a ogni istante, nell’unico luogo in cui può essere, in un
presente che emerge continuamente dalla sequenza delle sue interazioni nella
deriva”. La nostra capacità predittiva rimane, quindi, soddisfatta solo per
sistemi semplici. Possiamo, però, giocare un ruolo nella sequenza degli eventi.
Senza illuderci di poterne dare una rappresentazione generale.
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