sabato 16 gennaio 2010

La Corte dei Conti boccia il Ponte sullo Stretto. Per Ciucci l’importante è continuare.



di Luigi Sturniolo

La relazione della Corte dei Conti relativa alle somme destinate al Ponte sullo Stretto conferma alcuni tra gli argomenti che hanno mosso il movimento no ponte in questi anni: l’incongruenza dei dati economici, una stima disinvolta dei traffici nello Stretto che dovrebbero giustificare l’operazione del project finance, l’azzardo ingegneristico che penserebbe ad una campata unica di quasi il 40% più lunga della maggiore mai realizzata, il devastante impatto ambientale.
Insomma, una stroncatura su tanti fronti che meriterebbe una seria messa in discussione di tutta l’operazione Ponte. Non è, invece, mancata l’immediata dichiarazione dell’AD della Stretto di Messina Ciucci che, di maniera, risponde “…desidero confermare alla Corte, così come risulta dalla ulteriore documentazione trasmessa, il pieno impegno ad effettuare una costante valutazione di tutti i principali aspetti tecnico-operativi del progetto del ponte, con particolare riferimento alla fattibilità tecnica, compatibilità ambientale nonché all’aggiornamento delle stime di traffico”.

Tutto questo avviene mentre gli sfollati di Giampilieri scendono in piazza per protestare perché non d’accordo a rientrare nelle proprie abitazioni senza garanzie sulla messa in sicurezza del paese. Eppure erano passati pochi giorni dal disastro ed il Presidente del Consiglio, dopo aver sorvolato per pochi minuti i luoghi colpiti e senza alcun supporto tecnico, assicurava che sarebbe stato troppo costoso mettere in sicurezza la montagna e ricostruire sullo stesso sito e, quindi, sarebbe stato necessario pensare a delle new town (peraltro molto avversate dagli stessi abitanti, indisponibili ad essere sradicati dal proprio paese). I soldi (un miliardo) li avrebbe messi il Governo. Gli Enti Locali avrebbero dovuto occuparsi di trovare le aree adatte. Per giorni, poi, la Ministra dell’Ambiente Prestigiacomo andò in giro a portare il verbo. Dichiarazioni azzardate, puro spettacolo, se oggi a più di tre mesi dalle frane si spingono gli abitanti a tornare nelle loro abitazioni sulla base di una suddivisione cromatica delle arre criticata da molti e senza interventi strutturali per la messa in sicurezza della montagna.

Oppure.

Oppure, in periodo di crisi e di risorse scarse, si scelgono le priorità. Un breve articolo sul Sole24ore del 13 gennaio segnalava come il Governo abbia nel 2009 scelto di concentrare tutte le risorse a disposizione su 6-7 grandi opere. In sostanza, vengono premiate quelle operazioni che favoriscono solo pochi grandi contractor e sulle quali è possibile costruire grande attrattiva mediatica piuttosto che investire in opere ad alta utilità sociale ed economia diffusa come, appunto, la messa in sicurezza idrogeologica del territorio. Niente di più facile, adesso, che riversino i soldi a disposizione nella ri-progettazione del Ponte, magari dando in obolo qualche opera compensativa a Messina. Tanto per loro l’importante non è finire. L’importante é continuare.

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