domenica 10 gennaio 2010

Rosarno: il punto di svolta - sulla memoria, l'emigrazione e la politica

di Emilio Raimondi

Di fronte la sconfitta e di fronte il silenzio, in politica, si aprono gli occhi. Rosarno è il definitivo seppellimento della vocazione emancipativa della sinistra - comunista o socialista, riformista o blandamente democratica. Una volta, ed in maniera eclatante, i corpi in rivolta hanno preso la scena, hanno occupato la scena virtuale e mediatica e l'hanno stravolta. Non ci fa effetto che a Rosarno la sinistra non può mettere piede perchè, come mi ha scritto un amico, ci sono gli 'ndranghetisti' con le pistole. Non ci fa effetto che in Calabria governi il territorio e lo ribadisca suo. Non ci fa effetto il silenzio di tutte le sinistre - dove silenzio vuole dire non volersi riappropriare del territorio estorto, non avere la forza, nè politica nè militare, di essere presenti. Non ci fa effetto l'ignominia delle più alte cariche dello Stato - lo Stato...- che consentono, per nostra debolezza, il governo di intere porzioni del territorio del 'loro' Stato da parte di gente che cammina, a Rosarno, con le pistole alla mano. Non ci fa effetto nemmeno quello che dice Roberto Saviano, che rivendica la potenza di quella voce che sorge ed è sorta da Rosorna per dirci di rivendicare diritti che gli italiani non sanno più rivendicare, che sorgono per dire verità che gli italiani non sanno dire più, rivolere loro.
Ci fa effetto questa consumazione definitiva che è avvenuta della dimensione 'comune' che supera i diritti, la politica, la sua rappresentazione. Perchè Rosarno è il simbolo, lo stigma della solitudine. E due solitudini si sono scontrate. Sono i corpi di tutti quelli che si sono trovati lì, in quel luogo, ad essere stati esposti alla violenza fisica di ogni individuo.
Con una differenza: la violenza verbale è stata esercitata, da quello che ho letto e sentito, anche dalle donne di quel luogo. Non una parola, nemmeno questa volta, è stata potuta esser pronunciata dalle compagne, dalle donne dei 'negri'. I 'negri', in quel luogo, a Rosarno, non hanno donne nè bambini. Sono uomini soli. Che difendono il loro futuro, il futuro di chi non è lì, di fronte donne e uomini che difendono il loro presente.
La giuntura che ha fatto la forza di ogni esperienza comune e di sinistra nel nostro paese è stata la giuntura tra il presente ed il futuro: questa giuntura, a Rosarno, è saltata per sempre.
Rosarno rappresenterà, materialmente e simbolicamente, questo incapacità.

Ed insieme ad essa, è saltata per sempre la forza e la potenza viva della rappresentazione dello sfruttamento del lavoro, della sua difesa e della sua ribellione contro la violenza che lo rende altro da sè: perchè il lavoro non rende mai liberi. La densità cha ha accompagnato per un secolo i socialisti e i comunisti, la densità dell'intreccio delle esistenze con la loro rappresentazione, con il lavoro, con quella che era la loro laica redenzione di fronte l'immensa pratica dello sfruttamento delle loro vite, quello che rendeva forte gli sfruttati, anche se battuti, di fronte il potere, quello che li rendeva forti perchè insieme, ecco, tutto questo è saltato una volta e per sempre.

Per sempre e senza più possibilità di laica redenzione perchè a dire ai 'negri' che devono tornarsene a casa loro sono stati i meridionali. E non una voce forte si è levata per ricordare la sofferenza inscritta nella memoria, nè la memoria inscritta nei corpi si è levata, per ricordare le sofferenze che i meridionali, i calabresi per primi, hanno vissuto lasciando il loro mondo nelle case che, andando via, hanno lasciato vuote, lasciando nelle stanze delle loro case le loro famiglie.
Siamo stati noi meridionali a segnare, per un tempo senza misura, la potenza, la giustificazione e la volgarità di ogni razzista. Ognuno di noi ha messo la firma su ogni esclusione, su ogni sputo, su ogni violenza, su ogni sparo, su ogni morte che colpirà, in ogni luogo, ogni meridionale del mondo.
Ognuno di noi l'ha messa questa firma perchè nessuno ha detto, a voce alta, un 'no' forte, che era un riconoscimento della storia della propria famiglia.

Per la prima volta, con assoluta ed abissale sorpresa, ho ascoltato qualcuno dire: "Parto, voglio partire, vado in Lombardia, a Lodi. Qui, in Calabria, sono razzisti".

Io porto con me tutta la fatica di tutte le generazioni che hanno abbandonato la mia, la propria terra per cercare qualcosa di meglio da offrire a chi lasciavano a casa.
Nè questa infamia che è accaduta, nè il silenzio che la parte politica a cui io attengo ha perpetrato spegnerà l'intensità della memoria e la costruzione di un'altra politica.

Rosarno è il punto di svolta.

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