venerdì 9 ottobre 2009


di Luigi Sturniolo
“Le grandi catastrofi sgretolano il tessuto sociale non solo le case”, Shock Economy di Naomi Klein.

Come in un copione ben congegnato Berlusconi è arrivato sul luogo del disastro due giorni dopo, preceduto dalle bordate della Ministra dell’Ambiente Prestigiacomo nei confronti dell’incapacità da parte della politica regionale di spendere le risorse economiche a disposizione per la messa in sicurezza del territorio e dagli strali del capo della Protezione Civile Bertolaso contro l’abusivismo edilizio e la sua copertura politica.
Sul campo la strada è stata aperta dagli specialisti del disaster management ai quali in queste occasioni viene delegata la gestione del territorio al di sopra di qualsiasi altra autorità locale.
L’apparizione del Premier è carica delle speranze di chi è stato colpito dalla crudeltà della natura e la gestione del rapporto è diretta. Tra leader e popolo nulla. Neanche il contraddittorio con i giornalisti. Che di un “punto informazione” si tratta, non di una conferenza stampa. Preferibile, inoltre, l’ingresso dall’entrata laterale della Prefettura. Che non rimangano registrazioni che associno nella stessa inquadratura la figura del Presidente del Consiglio e quella dei contestatori.
Questa è la politica della shock economy: nessuna politica di prevenzione del rischio (semmai il contrario), presa di possesso del territorio dopo il disastro, esautoramento di ogni filtro democratico (a giudicare i nostri rappresentanti non ci si rimette molto, dirà qualcuno), rapporto diretto con la gente, nessun contraddittorio, gestione personale delle risorse per la ricostruzione.
Il modello è quello già sperimentato in Campania nella vicenda dei rifiuti e a L’Aquila nel dopo terremoto.

In cosa consista il Modello L’Aquila ce lo dice il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta intervistato dal Mattino: “È quello già sperimentato con successo sia per risolvere l’emergenza-rifiuti a Napoli sia per fare fronte al dramma del terremoto in Abruzzo. In entrambi i casi c’è stata una verticalizzazione delle decisioni su Berlusconi, il coinvolgimento dell’intero governo, un’Agenzia operativa diretta da Bertolaso e la messa in campo di tutte le risorse e gli strumenti necessari per realizzare il piano”.
Insomma, avevamo capito bene. E’ qualcosa che ha a che fare con un rivolgimento del sistema politico. Il Modello L’Aquila uccide la democrazia.
Il Modello L’Aquila spiana i territori. La ricostruzione dei luoghi, con i loro sistemi di relazione, vita, economia, affetti, passa in secondo piano. L’obbiettivo sono le New Town fatte di abitazioni di tre soli piani con giardini, piante e fiori, totalmente attrezzate, tanto da poterci stare una settimana solo con quello che ci si trova dentro. Il sito? Dove c’è spazio.
A L’Aquila è prevalsa la visione “edilizia”, immobiliarista, del Presidente Berlusconi, attuata “militarmente” dalla Protezione Civile. E’ quanto sostiene il Comitatus Aquilanus, un gruppo di architetti, urbanisti e tecnici del settore che riscontra la sparizione, dopo quella di “ricostruzione”, della parola “pianificazione”. Rimangono solo le “casette”. Per tutti? No, per tutti 13.000/15.000 su 60.000 sfollati, a quanto pare.

Per Antonello Ciccozzi (docente di antropologia culturale presso l'Università degli Studi dell'Aquila) il progetto C.A.S.E. (Complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili) si configura come una vera e propria operazione da Shock Economy. L’emergenza viene, cioè, sfruttata per attivare dei meccanismi economici finalizzati a favorire le aziende legate al Governo. Il progetto C.A.S.E non tiene conto della varietà degli habitat culturali in cui si vuole calare (porterà – in molti tra i venti siti scelti per l’allocazione – una tipologia abitativa condominiale in contesti rurali) e, comunque, non basterà a dare una casa a tutti gli sfollati.

Il sito
www.laquilanuova.it descrive il progetto C.A.S.E. come totalmente fallimentare. I nuovi insediamenti sono costituti da appartamenti del valore di 2600/3000 euro al metro quadrato che hanno le dimensioni di 33 metri per le coppie, 41 per le famiglie composte da 3 persone e 55/84 per le più numerose e, nel loro complesso, si configurano come quartieri dormitori senza alcuna ricettività.

La politica dei disastri si era manifestata in precedenza nella vicenda dei rifiuti in Campania. Un film-documentario, Una montagna di balle, con la regia di Nicola Angrisano e la voce narrante di Ascanio Celestino, frutto delle lotte contro le discariche e gli inceneritori, descrive, storicizzandolo, il meccanismo da Shock Economy che regge tutta la gestione dei rifiuti in Campania. Dal film appare evidente la scelta di alimentare il disagio causato dalla “monnezza” fino ad arrivare a situazioni di estrema emergenza, utili a determinare scelte che favoriscono solo alcuni gruppi imprenditoriali (l’Impregilo da una parte e la camorra dall’altra).

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