mercoledì 7 ottobre 2009

I No Ponte: '1 miliardo di Euro di fondi pubblici per costruire il Ponte di Messina? Meglio mettere in sicurezza il territorio'

Doveva diventare come Barcellona, almeno così aveva detto il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, quattro anni fa. E invece, Messina oggi è ricoperta dal fango, distrutta dagli speculatori e dai mancati controlli da parte delle istituzioni. Perché, come ormai la maggior parte delle tragedie che avvengono nel nostro Paese, si scopre troppo tardi che potevano essere evitate e soprattutto che ci sono delle responsabilità. Responsabilità che amministrazioni, governo centrale, Regione e Protezione Civile si scaricano l’un l’altro. Il sindaco di Messina, infatti, ha denunciato di non aver ricevuto le somme destinate alla messa in sicurezza del territorio e che gli oltre 11 milioni assegnati dal Ministero a partire dalla precedente alluvione del 2007 (che tra l’altro colpì le stesse zone del disastro della notte tra il primo e il due ottobre) erano stati destinati ad altri impieghi. Soltanto il 6%, dunque, di quei finanziamenti sarebbe stato impiegato per la messa in sicurezza del torrente Annunziata. Peccato che neanche questa esigua somma rientri nel bilancio dell’amministrazione. Risulta dunque che i soldi per la prevenzione di una catastrofe prevista e annunciata non siano mai stati spesi. Per sottrarsi alle proprie responsabilità, il Comune di Messina ha rispolverato il Piano di assetto idrogeologico (PAI) inviato nel 2008 all’assessorato regionale al Territorio e mai ratificato. A Giampilieri ad esempio, il piano prevedeva la costruzione di una vasca di deposito dei detriti a monte della via Chiesa, già colpita dall’alluvione del 2007: mai costruita. Ma il sindaco di Messina non è l’unico a lamentare la scarsa attenzione dello Stato e della Regione; il primo cittadino di Scaletta Zanclea infatti spiega come nel febbraio 2009 dopo che un masso enorme si abbatté sull’abitato, isolando il paese per 42 giorni, il comune inoltrò al governo centrale e a quello regionale un progetto che prevedeva la costruzione di una barriera per contenere le frane ma senza ottenere risposta.Il passato non ha insegnato nulla e la fragilità del territorio è stata sottovalutata, tant’è che si è costruito ovunque (dall’apertura di piste sui pendii, all’occupazione di alvei di fiumare e torrenti). Il già gravissimo dissesto idrogeologico verrebbe poi aggravato dalla costruzione del famigerato ponte sullo stretto. Per questo, la Rete no ponte critica l’intenzione delle amministrazioni e del governo di utilizzare ingentissime risorse economiche per la costruzione dell’inutile ponte anziché per la messa in sicurezza del territorio. “In questi giorni - denuncia Gino Sturniolo della Rete no ponte ai microfoni di Radio Città Aperta - stiamo assistendo alle rassicurazioni sia di Matteoli sia di Lombardo che affermano che i lavori del ponte sullo stretto sarebbero un vantaggio e che i soldi investiti in questa opera provengono da privati. Questo non è vero: circa un miliardo, infatti, dei soldi da utilizzare per il ponte sono di provenienza pubblica, in particolare ottenuti dai fondi Fas, stanziati per il Mezzogiorno”. “Noi vogliamo- conclude Gino Sturniolo - che le risorse del ponte vengano utilizzate per la messa in sicurezza del territorio e non per inutili e costosissime infrastrutture”. E mentre a Messina si continua a scavare nel fango, nel resto d’Italia non c’è da stare tranquilli. Secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero dell’Ambiente infatti, “almeno 5.500 comuni italiani corrono rischi analoghi”. Antonio Coviello, docente nella Seconda Università di Napoli ed esperto del Consiglio Nazionale delle Ricerche denuncia inoltre come il rischio aumenti soprattutto nel Sud. In Campania in particolare sono 291 i comuni ad alto rischio idrogeologico.
Marina D’Ecclesiis, Radio Città Aperta

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