domenica 4 ottobre 2009

Il gioco delle parti

di Luigi Sturniolo
Il dolore delle persone colpite dai fiumi di fango venuti giù dalle colline rende difficile il parlare, fino a temere di insultarlo quel dolore con l’esercizio della ragione. Lo spettacolo che la politica sta offrendo fa, però, talmente orrore da rendere complice il non denunciare.
La strategia che i padroni della gestione della cosa pubblica ci stanno offrendo è tanto cinica quanto abile.
La cronaca di una tragedia annunciata, come si sente dire ormai dappertutto, con una formula che ripetuta all’infinito rischia di passare dalla descrizione della verità all’enunciato banale, logoro, dovrebbe portare alla messa in critica totale dell’operato di coloro che hanno amministrato questi territori e di coloro che ne sono stati i loro padrini.
Sarebbe normale, in un posto normale, l’assunzione di responsabilità da parte degli amministratori, dei sindaci, del governo, di tutti coloro che hanno il compito di gestire, controllare, programmare.
Ciò che invece avviene è un ribaltamento delle colpe. L’abusivismo è al primo posto tra gli imputati. Non viene però detto che intorno ad esso si giocano, oltre che interessi economici, uno scambio politico che comporta la raccolta del consenso e la costruzione delle clientele.
Certo, molto probabilmente si consumerà uno scontro tra chi (gli amministratori locali) lamenta la mancanza di fondi e di risposte e chi (il governo centrale) scarica sulle amministrazioni locali la responsabilità della mancata gestione del territorio. E alla fine, probabilmente, ci saranno delle vittime sacrificali.
In questo gioco di rimandi, nell’assenza di un’alternativa credibile, non rimane alle persone che affidarsi all’attesa messianica dell’arrivo del Presidente del Consiglio. Nella consapevolezza generale si afferma l’idea che solo da lì potrà venire la salvezza, perché le risorse arriveranno solo se Berlusconi s’intesterà il problema, se deciderà di farne una sua vetrina (così come a Napoli e a L’Aquila). E così, prima la Protezione Civile prende possesso del territorio, esautorando tutte le autorità locali, e poi Berlusconi fa la sua apparizione (che tale per molti sarà) promettendo d’interessarsi “personalmente” del problema.
Come se il puntare sulle politiche della cementificazione, come se la riduzione degli strumenti di prevenzione e tutela (vedi la riduzione degli organici dei Vigili del Fuoco), come se la politica dei condoni, come se l’attacco alla dimensione pubblica e l’esaltazione dell’iniziativa privata finalmente liberata da lacci e lacciuoli non fossero tratti della strategia Berlusconiana (e delle politiche neoliberiste in generale) il Premier diventa la Speranza.
Eppure sarebbe già un grande passo in avanti dirottare sulla messa in tutela del territorio le risorse previste per il Ponte sullo Stretto, come abbiamo chiesto con la manifestazione dell’8 agosto.
Eppure sarebbe questo il momento di liberarsi di una classe politica incapace e dedita solo alla propria continua riproduzione.
Eppure sarebbe questo il momento di pensare ad una nuova sfera pubblica nella quale la partecipazione ed il controllo dei cittadini assumano carattere paradigmatico.
Ci sarà un sussulto? Sarà possibile una ripresa della parola?

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